Il cristiano è una donna incinta
Ecco, abbiamo acceso la quarta candela, che ci ricorda che siamo all’ultima domenica di Avvento. Questo significa che il Natale è molto molto vicino.
In quest’ultimo Vangelo su cosa la Chiesa ci chiede di riflettere? Abbiamo Maria che di fretta va a vedere sua cugina Elisabetta. Maria sta portando nel suo grembo Gesù; ed Elisabetta, sua cugina anziana, sta aspettando un bambino. Di lei tutti dicevano che era sterile, quindi non poteva avere bambini. Ma Dio ha promesso a quella coppia che avrebbe avuto un figlio. Ed Elisabetta sta aspettando un figlio.
Perché la Chiesa ci mostra proprio questo episodio? Ovviamente perché si parla di Maria incinta e infatti noi stiamo aspettando la nascita di Gesù. Però questo racconto ce l’avrebbe potuto fare prima, perché questo racconto è proprio all’inizio, non quando sta per nascere Gesù dopo nove mesi. Allora perché la Chiesa ci mette questo Vangelo proprio oggi, pochi giorni prima del Natale? Forse perché ci vuole ricordare qualcosa: che anche noi siamo fertili. Anche noi siamo abitati dalla vita di Dio.
Origene diceva che la più bella figura del cristiano è l’immagine della donna incinta. Semplicemente perché la donna incinta porta due vite: la sua e quella del bambino. Il cristiano è come una donna incinta: vive la sua vita e la vita di Dio. Respira il respiro di Dio. Sente non solo il battito del suo cuore, ma il battito del cuore di Dio, che batte per te. Allora diventa un’immagine bellissima questa: la donne incinta è immagine del cristiano!
Ma cosa facciamo noi di questa vita? Tante volte noi diamo nascita a dei figli, quindi sembriamo fecondi, ma la nostra vita dopo è completamente sterile: non diamo questa nuova vita che abbiamo ricevuto dal Signore. Noi cristiani, tante volte, non viviamo questa vita ricca, nuova che abbiamo ricevuto nel Battesimo. Gesù sta per venire, ma tante volte noi la vita di Dio non la viviamo. Tante volte noi non incarniamo questa vita. Tra pochi giorni celebreremo il Natale: Dio si incarna, prende carne, viene in mezzo a noi. E noi che abbiamo la carne, non incarniamo questa vita. Non l’incarniamo, non siamo noi stessi, non siamo liberi: rimaniamo incatenati alla vecchia vita, quella del peccato. Non riscuotiamo la nostra vocazione, la chiamata alta che c’è per ciascuno di noi: alla santità, a essere se stessi, a glorificare Dio. Tutta questa vita, questa grazia che abbiamo ricevuto, questi sacramenti che sono, vi ricordo, qualcosa di concreto, ma invisibile che noi dovremmo concretizzare con la nostra vita – il sacramento è rendere visibile qualcosa di invisibile – ma tante volte noi i sacramenti che riceviamo non li incarniamo.
Allora, pochi giorni prima del Natale, ci viene messa di fronte di nuovo questa immagine, di Maria che va in fretta – e quante volte la vita nuova invece non ci spinge con passione ad andare verso l’’altro! – va in fretta, verso Elisabetta, a bussare lì – quante volte invece noi facciamo fatica a bussare verso l’altro! – Maria poteva rimanere nella sua casetta, tranquilla, lì, aspettando nove mesi; ma va da Elisabetta! Quante volte noi non andiamo verso l’altro, non andiamo a cercare l’altro in ogni occasione possibile, per evangelizzare l’altro, per portare l’amore di Cristo all’altro, per far conoscere all’altro chi è Cristo! – E Maria, quando sta lì, saluta; è il momento del saluto, per entrare in comunione con l‘altro. E allora c’è la gioia, la gioia di essere con l’altro, di sentire che l’atro è abitato da Dio! E il bambino sussulta nel grembo di Elisabetta alla gioia di sentire che Cristo è presente! E il nostro cuore, la nostra vita sussulta alla presenza di Cristo o rimaniamo sempre gli eterni addormentati davanti a Cristo che si fa presente nella nostra vita? Quante volte Cristo è presente e noi non ce ne rendiamo conto e non lo facciamo presente agli altri! Quante volte noi festeggiamo il Natale e il dopo è come prima, niente cambia. La vita nuova ricevuta non tocca la mia vita.
Essere cristiani significa quindi essere come una donna incinta, che porta, che sente il cuore di Dio. Siamo chiamati a sentirlo dentro di noi, perché se no il Natale sarà una festa come un’altra; per non parlare di chi ha ridotto il Natale a una festa dove Dio non esiste, si tratta di qualcosa solo commerciale in cui non c’è nient’altro. Se il Natale non cambia la nostra vita, allora siamo come gli altri, è la stessa cosa, solo che abbiamo messo dentro la parola “Cristo”, o “presepe” o quello che volete, ma il resto non è niente.
23 dicembre 2038 IV domenica di Avvento
Omelia di Don Stefano Cascio
Trascrizione di Maddalena Kemeny