Alzo il capo
Sequenza. Annunzio del giorno della Pasqua
Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno. Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza.
Centro di tutto l’anno liturgico è il triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà nella domenica di Pasqua il 21 aprile.
In ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte.
Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi:
- le Ceneri, inizio della Quaresima, il 6 marzo
- l’Ascensione del Signore, il 2 giugno
- la Pentecoste, il 9 giugno
- la prima domenica di Avvento, il 1° dicembre.
Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli apostoli, dei santi e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore.
A Cristo, che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli. Amen
Oggi è l’Epifania. Oggi viene mostrato Gesù al mondo. Ecco perché oggi viene annunciata anche la data della Pasqua che, come abbiamo sentito, è il culmine del nostro anno liturgico.
E ci ritroviamo di nuovo davanti alla grotta e davanti a questa scena: del bambino Gesù in una mangiatoria, con Giuseppe e Maria. Però questa volta, l’abbiamo sentito, ci sono anche i re Magi – oggi li abbiamo visti arrivare con i loro cammelli. Chi sono questi re Magi? Cosa rappresentano per noi, per la nostra vita di fede?
Vedete, la fede è un grande cammino. E noi siamo chiamati ad andare, camminare. Se avete sentito bene questo Vangelo, i Magi seguono una stella, cioè alzano il capo per guardare in alto. E questa è la prima cosa che noi siamo chiamati a fare: alzare lo sguardo. Perché tante volte siamo ripiegati su noi stessi. Oggi siamo chiamati ad alzare il capo, a guardare in alto, ad andare al di sopra di quella che spesso è la nostra vita quotidiana: tante volte siamo molto orizzontali: noi cerchiamo qualcosa di alto, di bello ma stiamo lì, nella mediocrità della nostra vita. E certe volte, alla fine, ci sta bene il mediocre. E tante volte critichiamo le nostre sfere politiche – a ragione! – però tante volte, se ci guardiamo bene, siamo molto simili a loro. Critichiamo perché usano il loro potere, ma se noi abbiamo un po’ di potere, facciamo la stessa cosa. Tante volte non alziamo questo capo verso la bellezza.
I Magi si sono messi in cammino. E si sono messi in cammino non da soli: erano in tre, erano una piccola comunità, proprio esattamente come la nostra. Siamo questa piccola comunità che cammina insieme. Che alza lo sguardo verso l’alto; ma alzare lo sguardo ti obbliga anche a vedere chi hai accanto. E questi Magi camminano insieme e si sostengono a vicenda nel cammino.
Ma nel cammino, si sa, certe volte si sbaglia, o ci si perde. E loro arrivano alla grande città. Forse pensavano di trovare lì il grande re, nel suo grande palazzo. E invece trovano solo un re che farà uccidere i bambini: il re Erode. Il re Erode è interessato solo al potere. E i Magi continuano la loro ricerca. E fanno domande. Proprio come noi, quando certe volte non capiamo bene. Quando abbiamo difficoltà a credere e allora ci facciamo alcune domande. E dobbiamo avere il coraggio di fare le domande agli altri attorno a noi.
Guardo in particolare i bambini e i ragazzi. Perché tante volte nell’adolescenza molliamo tutto, buttiamo tutto all’aria. Perché è il momento delle domande forti. Però tante volte la nostra società non aiuta a farsi delle domande. Noi siamo la generazione del televisore, per quelli un po’ più grandi come me, e, per quelli più piccoli, degli schermi, che siano quelli del cellulare, dell’iPad, del computer. Cioè siamo generazioni che prendono, ma non hanno mai davanti qualcuno a cui fare una domanda. E allora si è perso questo fatto di a un certo momento fermarsi a parlare, a chiedere. Prima la famiglia si radunava attorno al tavolo, attorno al fuoco e parlava. Adesso non più. E quindi ci siamo abituati, alla fine, a camminare da soli. E quindi non siamo aiutati dalla società a fermarci a farsi le domande. E cercare le risposte. I Magi fanno le domande, cercano risposte. Capiscono che lì non era il punto finale. E riprendono il cammino. E ritrovano la stella, che li porterà non a un grande re, non a un palazzo ma a un luogo povero; e non trovano il grande re, ma un piccolo bambino. Ma lì comunque capiscono, perché sono aperti a questa bellezza, e alla verità, che qua è la risposta di tutto. Il Dio l’Emanuele, il Dio con noi si è fatto piccolo, si è fatto debole, per entrare nella nostra vita. E loro l’accettano; e portano quello che hanno, la loro ricchezza viene donata.
Proprio come noi quando ci mettiamo in cammino, quando riusciamo ad assaporare la verità e la bellezza della parola di Dio. Quando riusciamo a capire che risponde al mio bisogno più profondo. Allora mi metto in gioco. Allora dono quello che ho. Ecco perché mi arrabbio quando vedo che facciamo le cose in maniera svogliata, quando facciamo le cose senza passione. Quando non abbiamo voglia di dare tutto. Perché davanti al Bambin Gesù non è la mediocrità che vince, è il dono totale. Perché quello che esprimono con i loro regali questi Magi: oro, incenso, mirra, sappiamo cosa significa: la ricchezza, la gloria e la mirra, che ricorda quello che si faceva ai defunti; e che quel bambino gloria e onore ce l’avrà, ma avrà anche la morte, per noi, dono totale.
Noi siamo chiamati allora a iniziare questi cammino con i Magi. Il mondo è chiamato ad andare, a camminare, ad alzare il capo, a seguire la stella. A cercare chi sarà questa stella.
Nella nostra vita la stella l’abbiamo avuta. Può essere una nonna, un genitore, un catechista; qualcuno che ci ha indicato il cammino. E adesso dobbiamo camminare noi, continuare a cercare la bellezza, andare a trovare le risposte. Chiedere, quando siamo persi. Per ritrovare non la grande città, ma quel Dio che si fa piccolo nella nostra vita di tutti i giorni. Amen
6 gennaio 2018 Epifania del Signore
Omelia di Don Stefano Cascio
Trascrizione di Maddalena Kemeny