Portare Gesù al mondo
Ecco: avete sentito l’”Eccomi” di questi ragazzi, un po’ come la risposta a quello che Gesù, alla fine del Vangelo, dice a Simon Pietro: “Seguimi!”.
Ma vediamo cosa significa questo. I discepoli sono tornati a pescare: era il loro mestiere. Simon Pietrio era pescatore, come Giovanni, Andrea e Giacomo; Gesù era passato un giorno e li aveva chiamati. E loro avevano vissuto per tre anni questo momento forte, con quest’uomo che stava cambiando la loro vita. Ma quest’uomo, il venerdì santo, perde la vita, muore crocifisso. Dopo tre giorni però risorge e questi discepoli ne sono i testimoni. Ancora oggi noi, se crediamo, è proprio per la testimonianza di questi uomini, di queste donne che seguivano Gesù.
Ma dopo il momento della Risurrezione Simon Pietro e gli altri corrono alla riva: Pietro infatti a un certo momento dice agli altri: Vado a pescare”e gli altri dicono: “Veniamo con te”. Vanno a pescare, sono un po’ delusi. Non capiscono quello che sta succedendo. Non posso dire che siano tristi perché, dopo la morte di Gesù, hanno già conosciuto la Risurrezione. Però non sanno bene che fare, stanno lì, fanno la loro vita quotidiana così, senza un obiettivo ben preciso. E ancora una volta, lo abbiamo sentito, Gesù appare e dice: “Avete da mangiare?”. E quelli, come succede tante volte quando la nostra vita è così, senza grandi obiettivi, dicono: “Beh, no. Abbiamo lavorato tutta la notte, ma non c’è niente”. Cioè la loro vita non dà frutto. Allora Gesù li invita dicendo: “Buttate la rete a destra”. Vanno e prendono tanti pesci.
A quel punto quello che amava di più il Signore, quello che gli era più vicino, Giovanni (ma siccome è lui che scrive il Vangelo non dice il suo nome) lo riconosce e dice: “Ma è il Signore!”. Allora Simon Pietro, che era quello che aveva rinnegato tre volte Gesù, vi ricordate, cosa fa? Si butta subito. Perché lui è così: è generoso. E’ un po’ problematico, però è generoso. Si butta e va. E quando arriva lì, Gesù sta seduto accanto al fuoco e già mangia, già ha il pesce pronto e il pane e li invita a mangiare. Un po’ come questi bambini che oggi Gesù chiama e li invita alla mensa del Signore. Perché Gesù prima di andar via aveva detto: “Fate questo in memoria di me”e lo ricordiamo ogni volta che celebriamo sull’altare.
Allora questi discepoli, che avevano una vita così, si avvicinano con quello che sono loro, con il loro pesce, con quello che avevano preso seguendo il Signore. E già questo ci dice tanto, no? Quando una vita non ha tanti obiettivi si dà molto poco, ma quando si capisce il senso della vita, perché viviamo, qualcosa cambia; e anche noi portiamo qualcosa. Ma Gesù, a dire la verità, non ne ha tanto bisogno. Noi portiamo quello che abbiamo, ma lui già aveva tutto, lui già ci aspettava lì, con il fuoco che riscalda, con il pane, il pesce di cui essi si alimentavano. E pone queste domande che oggi Gesù fa a questi bambini, ma che fa a ciascuno di noi: “Tu mi ami più di costoro?”. E Pietro dice: “Ti voglio bene”.
Badate bene: in greco (sapete che i Vangeli sono stati scritti in greco) la parola amore ha diversi significati. C’è l’affetto quello sessuale, c’è l’amicizia e c’è una terza parola che è quella che Gesù utilizza: c’è un amore più grande! Noi potremmo tradurre con la parola carità. Ma non la carità come la usiamo di solito, quella di dare un po’ di soldi, no, è la carità intesa come un amore più grande in cui io do tutto per l’altro! Lui chiede proprio questo!
Pietro invece gli risponde con il verbo dell’amicizia e gli dice:”Ti voglio bene”. Allora Gesù gli fa una seconda domanda, ma questa volta non gli chiede se gli vuol bene più di costoro, ma: “Mi ami?”. E lui di nuovo: ”Sì, ti voglio bene”. Allora Gesù gli fa la domanda per la terza volta, ma questa volta ne abbassa un po’ il livello; gli dice: “Mi vuoi bene?”. Simon Pietro, dice il Vangelo, è un po’ triste a sentire ancora una volta questa domanda e dice: “Sì, ti voglio bene”.
Queste domande che Gesù fa a Simon Pietro le fa a ciascuno di voi, cari bambini. Le fa ai vostri genitori, ai vostri parenti, agli amici, a tutta la comunità. Lui ci sta dicendo: guardate che io vi ho amati!! Non solo vi ho voluto bene, ma vi ho amati! Vi ho amati fino a dare la vita per voi! Vi fa capire che amore significa dare la vita per gli altri.
E tante volte i vostri genitori questo l’hanno fatto per voi. Forse per Gesù fanno più fatica, come tutti noi. Gesù, sentendo le risposte di Pietro, capisce che noi dobbiamo fare un cammino, che non è così facile. Alla fine dice: “Mi vuoi bene?”. A ciascuno di noi chiede questo. Gesù basa tutto sull’amore. Ma, attenti, badate bene: la prima domanda è quell’amore alto, un amore che non è desiderare l’altro per se stessi e per usarlo, no!. E’ un amore alto, molto alto, quello per cui do la mia vita per l’altro. Ed è questo, cari bambini, che oggi il Signore vi chiede. A Pasqua ci sono tutti i segni del Battesimo: il cero pasquale è proprio lo stesso cero che il giorno del vostro Battesimo era acceso lì accanto all’acqua! E allora è bello oggi poter rispondere a questa domanda di Gesù. Ma, come abbiamo visto, se è difficile rispondere per Pietro, è difficile per ciascuno di noi. E i vostri genitori che dal Battesimo hanno detto: sì, noi li accompagniamo, noi accompagneremo questo nostro figlio, questa nostra figlia, continueranno a farlo ancora oggi.
Perché quello che fate oggi non è ricevere un diploma! Non è che avete studiato per due anni e quindi, va bene, vi diamo il bollino, il certificato che voi avete fatto due anni di catechismo, no! Voi state facendo un cammino. In questo cammino il Signore vi invita alla mensa perché voi incominciate a capire bene cosa state facendo. Allora la Chiesa vi invita, insieme a Gesù, a venire alla tavola, a vivere quello che Gesù diceva di vivere. Dopo di che i vostri genitori continueranno ad accompagnarvi verso la Cresima, il dono dello Spirito Santo. Così avrete tutti i bagagli pronti per vivere la vostra vita.
Il 15 maggio, il giorno finale del catechismo, il cardinale verrà a inaugurare i locali che sono stati dipinti per l’oratorio. E quando si entra c’è scritto: prendere il largo. E ogni stanza diventa una cabina; come in alcune spiagge ci sono le cabine per cambiarsi, da noi è la stessa cosa: al catechismo vai lì, ti prepari e ti cambi per prendere il largo, per andare in profondità, per andare dove la vita è più bella, dove l’acqua è più bella. Quindi noi, oggi, siamo chiamati a questo! Noi vi stiamo accompagnando, insieme ai vostri genitori, a questo! Per rendervi la vita più bella. Ma non più bella perché così non soffrirete, no, non è questa la vita cristiana, ma è per dare un senso alla vita. Per capire che è più bello dare che ricevere, amare che odiare. E il nostro mondo, la nostra società ci fa ben capire che l’esempio che ci danno fuori non è bello.
Oggi Gesù viene nella vostra vita, viene nel vostro cuore, viene proprio dentro di voi! E allora uscendo da questa porta alla fine di questa messa voi sarete diversi! Non che sarete migliori o peggiori o non so che, non che sarete santi, no, ma porterete dentro di voi Gesù. Per la prima volta voi andrete fuori da questa porta con Gesù dentro di voi. Diventerete dei piccoli tabernacoli (il tabernacolo è dove mettiamo Gesù). E noi, come cristiani che fanno la comunione, usciamo tutti da qui portando Gesù a questo mondo.
Vi rendete conto della responsabilità: portare Gesù agli altri? Gesù alla fine ha detto: “Seguimi!” e voi avete detto: “Eccomi!”, che significa: Io ti voglio seguire, io mi metto dietro di te e porto al mondo questo Gesù. Una grande responsabilità. Come al Battesimo noi chiediamo e richiediamo, facendo tante domande ai genitori e ai padrini: ma vi rendete conto della responsabilità? E loro dicono di sì. Non so se hanno capito che cosa significa, però è una responsabilità alta. Vi accompagnano in questo cammino che voi un giorno farete da soli: portare Gesù al mondo.
Tanti bambini sono santi. San Domenico Savio era piccolo quando ha cominciato. E così tanti altri. Un bambino, un ragazzo, Carlo Acutis, morto non tanto tempo fa, veniva ogni giorno a pregare: voleva proprio portare al mondo Gesù. Noi vogliano fare la stessa cosa. Non è facile. Vedete che Pietro per tre volte deve dire “Ti voglio bene”e non riesce a dire: “Ti amo”. Allora, se è difficile per Pietro, è difficile anche per ciascuno di noi. Difficile, ma non impossibile.
E allora tutti noi, la comunità, che è una grande famiglia, è qui per aiutarvi. I vostri genitori per primi, che sono i primi catechisti, ma dopo di loro anche tutta la Chiesa, i vescovi. E allora cari bambini oggi chiedete proprio a Gesù la grazia di poter essere sempre con lui. Perché, uscendo da questa porta, alla fine di questa messa, comunque sarete diversi. Non migliori, ma diversi sì. Porterete Cristo. Amen
5 maggio 19 Terza domenica di Pasqua
Omelia di Don Stefano Cascio
Trascrizione di Maddalena Kemeny