Eccoci in una cittadina piccola e sperduta. Già Israele è un punto geografico piccolissimo in questo mondo; proprio niente a confronto di quello che era l’Impero romano. A maggior ragione Nazareth!: “Cosa di buono ci può venire da Nazareth?”, viene detto In un punto del Vangelo, quando cominciano a dire che Gesù proviene da lì. Nazareth è proprio un niente: nascevi lì, crescevi lì, ci rimanevi, non potevi far nulla; come adesso in Italia sono questi paesini che si spopolano, i giovani vanno via: ecco, Nazareth era una cosa così, era proprio un niente.
E in questo niente Dio viene a trovare una ragazzina, giovanissima, promessa sposa: anche lei senza grande importanza. Però noi sappiamo che Dio ci vuole sempre stupire: quando noi pensiamo a cose grandi, lui invece va verso l’umile. E ancora una volta fa proprio così, va a scegliere quella ragazzina lì.
E già questo ci dovrebbe fare riflettere. Qual è la nostra Nazareth? Qual è la Nazareth nella nostra vita? Quella Nazareth che noi consideriamo il nostro peccato originale, cioè la cosa che ci appesantisce di più. Alcuni potrebbero dire: la famiglia. Vengo da una famiglia così, o vengo da quella città, o vengo da quegli studi e quindi mi sono abituato a fare tale o tale lavoro, che non mi piaceva, ma ho trovato il posto fisso e ci sono rimasto. Non lo so, le nostre Nazareth sono tante, sono qui fuori, sono quei momenti, quei rapporti che fanno sì che la nostra vita sembra, tra virgolette, “persa”, nel senso: diamo la colpa a quelle Nazareth lì della nostra vita, se le cose non sono come le avrei immaginate. Però è proprio lì che Dio si fa vivo. E’ proprio lì che Dio viene a cercare quella ragazzina. E’ proprio lì che Dio viene a cercarti! Qui è la tua Nazareth? Qual è la cosa cui io do la colpa nella mia vita? Ce ne sarà una, ci sarà qualcosa, ci sarà un peso che io mi porto dietro dicendo: è colpa sua, è colpa di quell’evento, di quella certa cosa, di dove sono nato o di non so che. Ma è lì che Dio trasforma tutto, dà senso a quella cosa lì, proprio lì dentro. Quando ho incontrato Dio, Nazareth non è più la stessa di prima: la mia Nazareth è diversa, non mi pesa più!
L’angelo porta l’annuncio a Maria. E cosa dice a Maria, la prima parola che dice a Maria qual è? Rallegrati! Cari amici, il Vangelo è una buona notizia, è un qualcosa di bello! E’una cosa che ci dovrebbe far sorridere, porta felicità, gioia. Perché tante volte i volti dei cristiani non lo dimostrano, non manifestano quella gioia? Perché le nostre comunità non sono così gioiose? L’annuncio di Dio è un annuncio felice: rallegrati! Com’è che noi non veniamo toccati da quel messaggio? Ma come!, Dio si fa presente nella tua vita! Questa festa dell’Immacolata in cui leggiamo il passo del Vangelo dell’Annunciazione, è bello! Ci ricorda che Dio viene nella nostra vita e che il Natale è anche questo: è Dio che entra nella vita degli uomini.
Dio è entrato nella vita di ciascuno di noi, se stasera siamo qua, per un motivo o per un altro. Forse siamo qua solo forzati dai nostri figli perché al catechismo ci devono essere, ma non fa niente. Dio può usare anche questo per farti venire qua. Ma Dio, in un modo o in un altro, sta entrando nella tua vita, in un modo o nell’altro si fa presente!
E allora devo imparare a scoprire la buona notizia di Dio. Avete ascoltato la prima lettura: nella Genesi c’è questa domanda bellissima e nello stesso tempo terribile di Dio all’uomo; “Dove sei?”. Dio passeggia nel giardino, dove tutto è bello e armonioso. Passeggia e ama incontrare la sua creatura, Adamo ed Eva. Ma quel giorno non li vede. “Dove sei?” grida. Ma questo grido è rivolto a ciascuno di noi: dove sei, in questo 8 dicembre 2019, dove sei nel tuo cammino di fede, nella tua relazione con Dio, che è una relazione amorosa di figlio? Stai bene con lui o forse ti nascondi? L’uomo si nascine, l’uomo ha paura.
Sapete perché oggi leggiamo questo brano della Genesi? Perché Maria è chiamata la nuova Eva: lei ristabilisce il rapporto di fiducia con Dio. Cosa fa questa ragazzina? Si apre al progetto di Dio subito. E’ l’esempio dell’umiltà, dell’apertura, della fiducia che dovrebbe caratterizzare la nostra fede. Rallegrati, piena di grazia! Maria, che oggi festeggiamo, è una ragazzina che dice a Dio di sì. L’ho detto all’inizio: chiediamo perdono per tutte le volte che noi invece facciamo fatica a dire di sì, una grande fatica davvero. Perché la chiamata di Dio è continua nella nostra vita, è continua! Ti chiama a questa gioia, ti chiama a questa pace, ti chiama a questa libertà! Però la devo scoprire, devo capirlo! Non sono solo parole.
Andiamo a vedere chi sono i veri testimoni della fede. L’abbiamo detto tante volte: i santi non sono le statue: sono uomini e donne che hanno vissuto in mezzo a noi. I santi sono proprio quelli che a un certo momento hanno detto sì al Signore. E non l’hanno detto una volta, perché una volta non conta. Un po’ come nel matrimonio: quel sì iniziale davanti all’altare non basta, lo devo ripetere ogni giorno; ogni momento vado verso mia moglie, verso mio marito o invece gli giro le spalle. Il sì che ho detto davanti all’ìaltare lo devo ripetere. Bene, la nostra relazione con Dio è la stessa cosa.
Quella ragazzina ha detto di sì. E quello che festeggiamo oggi è l’Immacolata Concezione di Maria. Cioè noi festeggiamo questa ragazzina che dall’inizio, dal suo concepimento, è stata preparata per diventare il luogo dove Gesù doveva nascere. Quindi lei, a differenza di noi, è immacolata dall’inizio.
Ma questo non significa che il nostro cuore non può diventare immacolato. Perché chi ha conosciuto li Signore, a questo dovrebbe tendere. Lo possiamo trasformare questo cuore, lo possiamo trasformare veramente. Pensate voi se nella vostra vita non avete incontrato un testimone di fede, una persona che veramente quello che diceva lo voleva; un cuore puro, trasparente, che forse non riempiva la bocca di tante parole, di tanti “Signore!”, ma per il modo in cui viveva voi vedevate, attraverso i suoi occhi, il suo cuore. Non vi è mai successo? Tutte le volte che mi è successo, mi ha toccato profondamente, perché di questo abbiamo bisogno: di gente che vive così la sua relazione con Dio, più di tante parole.
E allora oggi ciascuno di noi è invitato a vivere la stessa identica cosa. Apriamo il nostro cuore: il Signore ci vuole entrare. L’Avvento è questa preparazione al Natale. Un Avvento che è già successo duemila anni fa. Non è che adesso noi siamo lì scioccamente a ripetere. E Natale non è neanche, come qualcuno dice, il compleanno di Gesù, non è vero, non stiamo festeggiando il compleanno. Stiamo festeggiando un evento che è successo duemila anni fa, che succede oggi, perché tutti i giorni il Signore vuole vivere nella tua vita, che succederà domani, nell’ultimo ritorno. Ieri oggi e sempre.
Allora apriamo il nostro cuore a questa bella notizia. Facciamoci travolgere. Cominciamo a togliere tutti i muri che alziamo nella nostra vita e nel nostro cuore. Iniziamo ad aprirci. Diamo fiducia. Coinvolgiamoci nella comunità. Diamo il nostro tempo, diamo la nostra vita al Signore. Non abbiamo paura. Ma dare il tempo non significa solo essere qua: dare il tempo significa anche pregare con questa comunità, per questi bambini che crescono, che sono sotto i vostri occhi: ogni domenica sono qua. Dobbiamo pregare per loro, che sono il futuro della nostra chiesa, della nostra comunità. Noi dobbiamo pensare che facciamo parte di questa grande famiglia, e che ciascuno di noi è invitato a condividere questa bella notizia, questa buona notizia.
Rallegrati, ci dice l’angelo. A ciascuno di noi dice: rallegrati! Adamo ed Eva si sono nascosti nel giardino, avevano paura. E ancora oggi tanti di noi hanno paura; e questa paura li chiude. Dobbiamo cominciare a liberarci. Il cammino d’Avvento è anche questo. Camminiamo per essere felici. Il giorno di Natale scopriamo che Dio è sempre con noi, l’Emmanuele. Amen