Non uomini perfetti, ma uomini fecondi
Quello che sta passando nell’assemblea adesso sono i semi di cui avete sentito oggi, i semi di senape: una cosa minuscola minuscola, così, vedendoli, potete capire l’esempio che ci dà il Signore quando parla del regno dei cieli: ne parla come di qualcosa di minuscolo, ma che diventa poi molto grande.
Avete sentito che ancora una volta si parla del seminatore, come già domenica scorsa. Vi ricordate che domemica scorsa il seminatore seminava da ogni parte del campo, anche sulla strada. E abbiamo visto come questo era immagime di come la Parola viene recepita da noi, che non sempre siamo terra buona, perché il nostro cuore non sempre è quella terra che prende e fa crescere.
Oggi il Signore di nuovo ci parla di un seminatore: del buon seminatore e di quello cattivo, che nella notte mette la zizzania in mezzo al campo, la brutta erba. Bene, in un primo ascolto si potrebbe pensare che ci sono i figli della luce e i figli delle tenebre; e che quindi i cattivi non siamo noi, sono “loro”. Ma guardiamo la nostra comunità, guardiamo la nostra storia, guardiamo il nostro cuore. Se volefe, qualcuno può alzare la mano e dirmi chi è perfetto tra noi, chi ha il cuore perfetto e non ha proprio nessuna zizzania nel fondo del proprio cuore… Dunque? Siete timidi o avete capito? Avete capito che ciascuno di noi ha bisogno di conversione.
I servi arrivano e dicono al padrone: vuoi che togliamo subito questa brutta erba? Il padrone dice: No, perché rischiereste di togliere anche quella buona! Perché all’inizio della crescita non si vede la differenza.
Tutto questo vale nella nostra storia, vale nel momento in cui abbiamo una bella conversione! Sì, Io spero che per tutti voi, anche se siete buoni cattolici, ci sia stato nella vostra vita un momento di conversione reale! Perché non basta il mio Battesimo, non basta che abbia sempre detto le mie preghiere: ci vuole una vera conversione! Cioè quell’attimo di vita in cui capisco che la verità della mia esisterna è Cristo! Ci vuole questo! Perché se non c’è stato, vuol dire che ancora ce n’è bisogno!
Allora, dicevo, quando c’è questo momento di conversione, pensiamo che sia fatta! E invece ci rendiamo conto che dobbiamo fare i conti con la nostra parte di tempra. Chi di noi non è egoista alcune volte, chi di noi non ha, un giorno, messo da parte una persona o ferito qualcuno? Insomma, ciascuno di noi sa a cosa assomiglia il suo cuore. E il Signore, oggi, ci dice: va bene, lo so. Egli sa bene che il nostro è un cammino.
Quando, durante il periodo di confinamento, sentivo dire: l’umanità sarà diversa, adesso abbiamo capito cosa sgnifica la solidarietà, cosa significa la famiglia, adesso tutti ci aiutiamo, aiutiamo i nostril vicini, soccorriamo i più anziani della nostra scala; il mondo adesso sarà diverso, perché abeamo compreso cosa significano le relazioni umane, la comunità, eccetera. Dentro di me sapevo che questa era una farsa. Perché basta guardare la nostra memoria storica, cosa ha vissuto l’unanimità nel passato. Guardiamo il ventesimo secolo, la prima guerra mondiale chei ha portato alla seconda, i campi di sterminio e tutto il resto: tutto questo non ha cambiato niente. L’uomo, malgrado questo, ha continuato, ha continuato a fare massacri e cose varie in tutte le parti del mondo. Perché? Perché il nostro cuore è sempre diviso. E, se noi facciamo fatica, l’umanità fa fatica.
Allora la prima cosa è prendere coscienza di questo: il nostro cuore è diviso.
Dunque, cosa dobbiamo fare? La prima cosa è l’umiltà di riconoscere che non siamo perfetti e che non siamo arrivati, né se abbiamo i capelli biondi o i calelli bianchi. A novant’anni ho bispgno di conversione come a dieci. Tutta la mia vita è un cammino di conversione, fino alla fine.
Posso avere i capelli bianchi o no, però ho bisogno di conversione ugualmente, come chi ha dieci anni. Anzi, certe volte, quello più giovane è molto migliore di me. Una conversione continua perché, come abbiamo detto domenica scorsa, il Signore non ricerca uomini e donne perfetti, ma fecondi sì, che si fanno fecondare dal Verbo di Dio, dalla sua grazia. E solo nel momento in cui io riconosco di aver bisogno di lui, solo nel momento in cui riconosco, nella mia umiltà, che c’è qualcosa che non va nel mio cuore, accetterò che il Signore intervenga nella mia vita. Finché credo di poterlo fare da solo, è impossibile. E tutti quelli che credono di difendere la Chiesa facendo una battaglia dove i buoni siamo noi e i cattivi sono gli altri, sbagliano. Perché il Signlre che è morto in croce ci ha insegnato che il Regno di Dio, come abbiamo sentito oggi, è un grano di senape, è qualcosa di molto umile. E io questo l’ho capito andando a vedere i monaci di Tibhirine, quei monaci che hanno vissuto il martirio, che vivono in un paese musulmano e in silenzio pregano; e piantano forse qualcosa, non si sa, ma stanno lì. E lì ho riconosciuto il cristianesimo, il nuovo crocefisso che non combatte, ma sta lì e dona; senza aspettare niente, si dona. È questo che noi dobbiamo scoprire. È quasi più facile fare le battaglie, che essere cristiano. Esserlo, viverlo.
E allora chiediamo al Signore, perché per poterlo vivere, lo devo accogliere, per poterlo accogliere devo capire che no bisogno di lui; quindi ho bisogno di conversione. Non uomini perfetti, ma uomini fecondi. Amen