La chiamata
Il Signore ci mette sempre in difficoltà. Ricordatevi sempre che la paroia di Dio ci deve metterci in difficoltà! Se non lo fa vuol dire che non sta penetrando nella nostra vita e nel nostro cuore.
In che senso ci mette in difficoltà? Il Signore ci dice che il regno dei cieli è come questa parabola, è come questa storia che vi sto raccontando: la storia di un padrone che di mattina presto, già all’alba, va a cercare lavoratori da ingaggiare a giornata per la sua vigna e concorda con loro, come avete sentito, un denaro per ciascuno. Che cos’era un denaro? Era quella moneta che permetteva a una famiglia di vivere in quella giornata , non è che guadagnavano molto di più. Quindi questi poveracci, se non lavoravano, non mangiavano quel giorno, era il minimo indispensabile, il minimo che si poteva dare a una persona.
E così la parabola racconta che il padrone torna alle nove, poi torna ancora e ritorna fino alla sera alle cinque, perché chiama tutte le persone che incontra ad andare al lavoro. Alla fine, come avete sentito, quelli che sono arrivati per ultimi vengono pagati quanto quelli che sono arrivati alla mattina. Molti di noi si saranno detti: questa è un’ingiustizia, non è giusto per quelli che hanno lavorato tutto il giorno!
Ma qui il Signore ci sta parlando del regno dei cieli, non di economia. Ci sta facendo capire che nella nostra vita c’è chi ha avuto la fortuna di avere a un certo momento il padrone che l’ha preso subito e chi invece, camminando, dovrà aspettare un po’ di tempo prima di avere questa chiamata, questo momento. Se guardiamo la nostra vita non è cosi? C’è chi da piccolo ha sentito la presenza del Signore e ha voluto seguirlo. C’è chi invece ci ha messo più tempo, si è convertito molto più tardi. C’è chi ancora non sa bene cosa credere e non credere, ma viene comunque qui la domenica. C’è chi accompagna solo i figli, perché è bene che vengano e che vadano al catechismo, ma è ancora molto lontano da farsi toccare da queste parole. Vedete, le nostre comunità spesso sono esattamente come questa parabola. A qualcuno è stato toccato subito e ad altri no.
E a questo punto, cosa significa? Che la porta del paradiso sarà aperta a qualcuno si, ad altri a metà, ad altri così, solo con il piede? Ovviamente non è così. Perché se noi riconosciamo Dio come Padre, un padre sa bene che, se il figlio a un certo momento cambia, è felice. La cosa importante per il padre e che questo figlio possa capire e possa cambiare. Ogni genitore cerca di dare un’educazione ai suoi figli e non sempre essi lo seguono, ci vuole tempo. E quando vede che il figlio sta cambiando e capisce e prende la strada giusta, non è felice per lui?
Ecco perché la Chiesa non può dire chi sta all’inferno! Non può sapere chi ha rifiutato Dio fino alla fine. Ci dice invece chi è andato in paradiso di sicuro: i nostri santi che abbiamo come esempio. Ma non possiano sapere se, all’ultimo momento della sua vita, una persona non si è convertita, non ha aperto il cuore alla presenza del Signore. E allora chi siamo noi per condannare? Chi siamo noi per mettere da parte nella nostra comunità chi fa più fatica a camminare?
Vedete, la comunità cristiana deve essere una grande famiglia dove uno aiuta l’altro; e, se uno cade, gli altri sono lì per accompagnare, per tiratro su! Invece cosa succede certe volte nella nostra povera umanità, che schiacciamo l’altro! Siamo in questa comunità, ma vogliamo, anche qui, essere più forti degli altri e quindi schiacciare l’altro, esattamente come fa la società! Il padrone della parabola non è così: la sua generosità, la sua bontà è più forte dei calcoli economici.
Dunque questa parabola, questa storia, ci racconta un po’ di noi. Io credo che tutti noi abbiamo avuto un momento di conversione nella nostra vita. E chi non ha sentito questo momento di conversione, si deve fare delle domande, perché non è che si nacse tutto cosi, cattolico! Cattolico si diventa! Noi riceviamo la Grazia, ma poi la dobbiamo accettare, dobbiamo farla fruttificare!
Così all’inizio di quest’anno ancora una volta abbiamo un Vangelo che ci aiuta a camminare, che ci aiuta a capire che cosa significa camminare insieme. Ancora una volta il Signore ci mette in difficoltà. Ancora una volta ci fa capire: tu non sei arrivato, tu devi sempre camminare, tu ti devi sempre convertire. Devi sempre aprire questo cuore! Perché nel momento in cui il mio cuore si chiude all’altro, nel momento in cui pensi di essere arrivato, pensi di essere perfetto e di avere in te tutta la verità, ti sbagli! Perché la verità non sei mai tu, è Lui! Tu devi solo andare verso di Lui e cercare di accompagnare gli altri.
Allora chiediamo al Signore ancora una volta di sostenerci in questo cammino. Questa domenica riapriamo anche la settimana eucaristica, come è sempre successo all’inizio dell’anno. Noi, prima di cominciare le attività, abbiamo la settimana eucaristica. Oggi abbiamo chiesto a Rosa, che molti di voi già conoscono perché sta in segreteria, di raccontarci un po’ e di testimoniarci cosa ha signicato per lei avvicinarsi a questo momento di adorazione. Perché noi non possiamo camminare se non ci fermiamo un istante per chiedere al Signore di parlarci. Noi non possiano pensare che possiamo fare un cammino serio se non c’è la preghiera.