Scommettere la vita sulla sua parola
Ci ritroviamo a seguire Gesù in questo tempo di Pasqua. Ricordate la prima volta, il giorno di Pasqua, i discepoli sono in quella sala, chiusi a chiave, e lui entra. E ricordate domenica scorsa, quello che aveva detto san Tommaso, quando gli altri avevano incontrato il Signore e lui non c’era, che voleva mettere le mani sui segni dei chiodi? Adesso non sono più a Gerusalemme. Pietro è tornato e pescare, come se tutto quello che era successo in questi tre anni fosse una parentesi!
Simon Pietro dice agli altri: “Io vado a pescare”. Ragazzi, è finito tutto! È stato bello, c’è stata la Pasqua, e adesso? Finisce così.
Quello che vive Pietro rischiamo di viverlo anche noi, dopo la Pasqua. Bene, tutto a posto, abbiamo mangiato il cioccolato, abbiamo celebrato la Pasqua, questa grande festa, il prete ci ha detto che era importante, ha parlato della vita nuova; e poi si ritorna alla vita di tutti i giorni, dimenticando che cosa significava la Pasqua per i cristiani. Noi riprendiamo la nostra vita di tutto i giorni. Questo va bene, ma come la riprendiamo?
Pietro e gli altri discepoli sono andati a pescare, dicendo: “Sì, veniamo con te”. E cosa succede? Hanno preso tanti pesci? No, sono abbattuti. Una vita in cui la gioia di Pasqua non c’è più. Però, lì sulla riva, un uomo dice: “Avete da mangiare?”. Rispondano: “No”. Quella notte non avevano preso nulla. “Buttate la rete a destra”. E loro lo fanno! La cosa incredibile è che lo fanno! Ve lo dice uno che non è pescatore; loro sono persone che se ne intendono, che conoscono il mestiere, e che hanno pescato invano tutta la notte! Ma loro lo fanno. Tirano la rete e prendono tanti pesci, così tanti che la rete rischia di rompersi. E Giovanni, il discepolo che era più in contatto con Gesù, quello che Gesù amava, lo riconosce subito: “È il Signore!”. Allora Pietro si butta, per andare a riva da lui. E poi approdano anche gli altri. Nessuno, duce la Bibbia, osava dire: “Chi sei?”, tutti l’avevano capito. Immaginate che scena! Sono tutti commossi, si rendono conto che è lui.
“Avete del pesce?” e subito Pietro va a tirare a terra la rete; dice la Scrittura che i pesci erano centocinquantatré. Non è che si son messi lì a contare quanti erano i pesci, ma si dice che erano tutte le specie conosciute all’epoca; insomma avevano preso tutto!
Che cosa significa per la nostra vita questa prima parte del Vangelo di oggi? Punto primo: che rischiamo, come Pietro, di riprendere il tran tran quotidiano, dimenticandoci la nostra vocazione. Noi siamo stati battezzati in Cristo, abbiamo una vita nuova, dovremmo avere una visione diversa della vita! Invece rischiamo di dimenticarcene. E quando vogliamo guidare la nostra vita con le nostre forze, ecco che la vita è mediocre, perché noi siamo limitati e la limitiamo. Vedete, la pesca non era andata a buon fine, avevano preso ben poco. Ma Pietro fa una cosa bella, in tutta questa storia, perché di nuovo, sulla parola di Dio, sulla parola di Gesù, ricomincia! Prende di nuovo il largo, riparte, si butta! E pesca. Una pesca miracolosa, si può chiamare così. Come per dire: se tu, sulla parola di Dio, vuoi scommettere la tua vita, ci guadagni. La vita è diversa, ci guadagni! Non è più la via di prima, limitata perché tu sei limitato: è una vita che non ha confine, perché tu scommetti sulla parola di Dio!
Gesù poi prende Pietro da parte e comincia a fargli delle domande: “Ma tu mi ami più di costoro?”. Dovete sapere che in greco ci sono tre parole diverse per dire amore: l’amore sessuale: eros, l’amore di amicizia e l’amore gratuito, che è la carità. Il più alto è l’amore carità, l’amore assoluto, l’amore che si dona. Il greco usa proprio questa parola quando Gesù dice a Pietro: “Ma tu mi ami più di costoro?”. Pietro risponde invece usando le parole dell’amicizia e dice: “Sì, io ti voglio bene”. Allora Gesù gli chiede una seconda volta, sempre usando quella parola alta: “Ma tu mi ami?”; questa volta non dice: più di costoro. “Mi ami?” E Pietro ancora una volta risponde: “Sì, ti voglio bene “, usando sempre il verbo dell’amicizia. Allora Gesù, per la terza volta, gli rivolge ancora quella domanda, ma stavolta usando lui stesso il verbo dell’amicizia: “Pietro, ma tu mi vuoi bene?”, e Pietro dice: “Signore, tu lo sai che ti voglio bene “.
Qualcuno direbbe: ma perché per tre volte gli chiede questo? Pietro per tre volte l’aveva rinnegato. Gesù aveva bisogno di sentire Pietro che gli rispondeva con l’amore. Poi aveva capito che forse non poteva puntare su un amore così grande e ha abbassato un po’ il livello. Questo cosa significa? Che la nostra relazione è una relazione d’amore. La nuova vita che vogliamo vivere con Cristo, non la possiamo vivere senza riconoscere questa relazione d’amore. Tante volte ve l’ho detto: noi non siamo qui per un obbligo, per le regole, per tutto questo, ma siamo qui per scoprire di essere amati, di essere figli di Dio . Quello che abbiamo fatto nel tempo pasquale è per ricordarci questo. È nel Battesimo che siamo diventati figli, che siamo amati. E noi on possiamo rispondere diversamente che con l’amore. Non c’è altra risposta. È questo che cambia tutto. E sappiamo che l’amore non ha limite. Non ha limite!
Allora riprendiamo il cammino. Cerchiamo di vivere questa parola, come Pietro, che si è buttato di nuovo, che ha ripreso il largo per il Signore, che ha ascoltato la sua parola. Prendiamo l’esempio suo: Pietro non è un uomo perfetto, Pietro sbaglia, lo sappiamo, Pietro fa fatica. Giovanni è molto migliore, ma Gesù non costruisce la Chiesa su Giovanni, la costruisce su Pietro! La costruisce su ciascuno di noi, su di noi che siamo deboli, che siamo limitati, ma che sappiamo amare. Ed è questo che il Signore vuole: vuole vederci costruire questa nostra Chiesa sull’amore.
Allora ripartiamo su questa parola che ci dona! È interessante che, dopo tre settimane dalla Pasqua, la Chiesa ci dice: attenti, rischiamo di ripartire con la nostra vita come giorni fa. Non è così: vogliamo ripartire sulla sua parola. Amen