Riconoscerlo dove sta. E dove sta? Nel piccolo, nel povero, nel dimenticato.
Come vedete dalla corona dell’Avvento siamo alla terza domenica. Manca solo una domenica e saremo già arrivati alla festa di Natale.
Oggi è una domenica particolare: è la “domenica Laetare”, è la domenica della gioia. L’avete sentito anche nella prima lettura, quella del profeta Isaia, che inizia dicendo: “Si rallegrino il deserto e la terra arida, esuli e fiorisca la steppa”. E anch’io sono vestito in maniera diversa: dal viola sono passato al rosa violaceo, come se avessimo messo una punta di bianco nel viola; quel bianco che vedremo poi nella festa di Natale. Insomma tutto ci sta preparando a quel momento. Tanti dei nostri bambini sono oggi in piazza san Pietro per la benedizione dei bambinelli dal papa. È una domenica particolare, quella della gioia.
Una domenica dove vediamo anche la figura di un personaggio che già noi conosciamo: san Giovanni Battista, che qui dice una cosa incredibile, se ci pensate. Dal carcere dove si trova, manda due discepoli a chiedere a Gesù: “Sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?”.
Perché, vedete, noi abbiamo una certa idea di Dio. Come abbiamo una certa idea delle persone che stanno attorno a noi. Siamo pieni di pregiudizi. Noi crediamo di conoscere le persone, ma le riconosciamo veramente in quello che sono? Sappiamo bene che ogni persona è un mistero. Tante volte siamo un mistero per noi stessi. E anche con Gesù facciamo fatica. Stiamo per festeggiare l’Incarnazione; una parola, questa, che abbiamo sempre sentito, fin da piccoli, e non ne siamo neanche più stupiti. E invece dovremmo esserlo. Dio si fa uno di noi! Dio si fa presente, si fa vicino a noi, Dio viene nella nostra vita: nella nostra vita quotidiana!
Lui per trent’anni vivrà una vita nascosta, farà sgabelli, farà le porte, i tavoli. Dio conosce la fatica, il dolore, la gioia. Dio è uno di noi! E questo è già qualcosa di stupefacente, perché normalmente noi abbiamo l’idea di un Dio onnipotente, sulla sua nuvoletta, grandioso, fortissimo, creatore, e ci sembra incredibile che questo Dio possa farsi così piccolo, così umile! Ma è proprio questo che festeggiamo! E facciamo fatica, adesso, a riconoscerlo. E dobbiamo stare attenti, noi che veniamo a messa, che pensiamo di conoscere Gesù; ma forse non lo riconosciamo. Conoscere è una cosa, riconoscere è un’altra. Tante volte facciamo fatica a riconoscerlo là dove sta. E dove sta? Ce lo dice Gesù nel Vangelo: alla domanda dei discepoli di Giovanni che gli chiedono: “Sei tu colui che deve venare o dobbiamo aspettarne un altro?”, lui non risponde con un sì o con un no. Lui dice: “Andate a riferire a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziato il Vangelo”. Eccocosafa: quello che dice è la lista, l’elenco di tutti gli scartati dalla società. Lì c’è Dio. In quello più umile, in quello più disprezzato, in quello messo da parte, là c’è Dio. E noi è lì che non lo vediamo. Perché noi, malgrado il fatto che diciamo di essere cristiani, tante volte mettiamo da parte quelle stesse persone, come fa il mondo. Ed è questa la cosa terribile. È per questo che dico: tante volte noi veniamo qui e diciamo di conoscere Gesù, ma facciamo fatica a riconoscerlo. Proprio come i discepoli di Emmaus, che dicevano di non aver riconosciuto Gesù, eppure lo seguivano da tanto tempo. Ecco, noi facciamo lo stesso errore, abbiamo la stessa difficoltà.
È difficile riuscire a capire che cos’è l’Incarnazione, è difficile. Dovremmo togliere tutto il bello che abbiamo attorno, le lucette, gli addobbi, eccetera, che sono così belli, ma che a volte ci fanno dimenticare l’essenziale: che è nel piccolo che Dio si rivela. E più saremo umili, più riusciremo a riconoscerlo; più saremo attenti alle povertà, alle difficoltà degli altri, più potremo vedere Dio. È questo! È questo!
Allora noi ci prepariamo a questa festa del Natale consapevoli del cammino che dobbiamo fare, del cammino di fede che dobbiamo fare. Questo non significa che non dobbiamo avere dubbi e che non sia difficile: è difficile, è un cammino difficile, non sto dicendo che sia facile. Vedete, Giovanni il Battista di cui Gesù dice che è il più grande tra i nati di donna, vale a dire il più grande degli uomini, dunque proprio lui che è un grande profeta, lui stesso dubita! E dice: “Sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?”. Se è difficile per lui, è difficile anche per noi!
Ma noi abbiamo ricevuto lo Spirito. E Gesù, poi, dice un’altra cosa: “Ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui”. E questo siamo noi! Perché noi siamo nel regno dei cieli. A noi è stato annunciato. Perché, lo ripeto ancora una volta, tutto, la nostra vocazione nasce dal Battesimo. Noi siamo stati immersi nella vita di Cristo, nella nuova vita, nel nuovo Adamo. E allora siamo invitati, come abbiamo detto l’8 dicembre, a seguire la nuova Eva, Maria: la sua fede, il suo sguardo interrogativo, il suo stupore davanti a questo Bambino, davanti a questa Incarnazione; davanti al fatto che lei, piccola serva, aveva questo grande ruolo: di far nascere il Figlio di Dio!
Anche noi siamo chiamati a farlo nascere, anche noi siamo chiamati a essere i messaggeri della buona novella. Anche noi siamo chiamati a portare con la nostra vita l’Incarnazione di Dio. Ed è per questo che oggi è bello: è bello perché riscopriamo insieme la nostra vocazione. È bello perché Dio non deve solo nascere in una grotta, deve nascere nel cuore di ciascuno di noi. Deve nascere nella nostra vita. Ed è questo che è bello. È bello perché la vocazione è una cosa bella. È bello perché noi, dentro di noi vogliamo l’impossibile! E l’impossibile è Dio. Ed è questo impossibile che noi possiamo far vivere nella nostra vita. Ecco perché è bello oggi.
“Lo Spirito del Signore sopra di me mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio”. Amen