Colmi d’amore
Molti di noi sono riuniti qui questa sera per ricordare un defunto, una persona che quest’anno ci ha lasciato. Ritrovarci davanti alla morte di una persona è sempre molto difficile, è uno strappo grande. La morte per tutti noi è un grande mistero. Oggi però non voglio riflettere sulla morte, perché ogni morte ci fa pensare e ci fa riflettere sulla vita; ci fa riflettere su questo dono che nessuno di noi ha scelto di ricevere, ma che ha ricevuto.
E come viviamo questa vita? Come usiamo di questo dono? Il Vangelo di questa sera è molto bello, è molto chiaro ed è impegnativo.
Nella lettera di san Paolo ai Romani che abbiamo sentito prima, ci viene ricordato che abbiamo ricevuto uno spirito di figli adottivi che ci fa gridare: Abbà, Padre! Fin da piccoli, recitiamo il Padre Nostro, in cui Dio lo chiamiamo papà. Noi abbiamo ricevuto il suo amore come figli, abbiamo un Dio paterno; non siamo suoi schiavi, ma figli amati.
E quell’amore grande, quell’amore immenso che ognuno di noi ha ricevuto da Dio deve essere poi vissuto nella sua vita quotidiana.
Vedete, se rileggiamo il Vangelo di Matteo, Matteo 25, che dovremmo avere ogni mattina, quando ci alziamo, davanti agli occhi, vediamo che ci dice una cosa importante: che il più grande peccato nella nostra vita è il peccato di omissione: omissione d’amore. L’amore che avremmo potuto vivere e che non viviamo, l’amore che avremmo potuto donare e non abbiamo donato, l’amore che avremmo potuto condividere e non abbiamo condiviso. Ecco perché vi dicevo che questa sera, al di là della morte, o piuttosto grazie alla morte, dobbiamo pensare alla vita, dobbiamo pensare a quello che abbiamo in mano.
Nessuno di noi sa per quanto tempo ancora dovrà vivere: un’ora, un giorno, un mese, un anno, dieci, venti, cinquanta anni, non sappiamo quanti sono quegli anni, ma il problema è come vogliamo vivere questi anni, non quanti sono. La qualità, non la quantità, perché questo è il senso della nostra vita. La vita non ha senso senza l’amore.
Una persona che non vive d’amore, muore dentro di sé, perché ognuno di noi ha bisogno di essere amato e di amare. E il cristiano parte sapendo di essere amato e gli è chiesto di amare. E al cristiano è chiesto di vivere questa vita donando frutti; e i frutti sono questi frutti di amore. Questo ci è chiesto, questo dobbiamo donare.
Ecco perché, vedete, dicevo, è un peccato di omissione, perché ai giusti viene detto quello che hanno fatto e non si sono neanche resi conto del bene che avevano fatto. Infatti essi subito dicono: “Signore, ma quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? Quando ti abbiamo visto assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando come straniero ti abbiamo accorto, quando nudo ti abbiamo vestito?
E la stessa domanda viene fatta anche agli altri, quelli che non hanno fatto quel bene. Anche loro non si sono resi conto. Non è che non volevano, non è che hanno fatto del male, nel senso che volevano fare del male: quindi è peggio ancora, è l’indifferenza! È la tanta solitudine, la sofferenza invisibile delle nostre strade, dei nostri condomini, dove noi camminiamo, dove noi viviamo;e dove noi non guardiamo, non sentiamo, perché ci chiudiamo nella nostra piccola vita egoistica! Tante volte, cari amici, è così. È più facile non vedere, non sentire, non ascoltare.
Ma il Signore è lì, è nel piccolo, in quello che piange, in quello che chiede. È lì che c’è il Signore. È lì. Da sempre è stato insegnato a noi cristiani di trovare il Signore nel piccolo, nel debole, nel bisognoso di affetto.
Allora, davanti a questa croce che è il segno di quest’amore donato, noi veramente oggi, con queste letture, dobbiamo riflettere, perché sono certo che ognuno di noi potrà dire: non ho fatto abbastanza, sono invitato a dare di più.
Ognuno di noi è chiamato questa sera a fare un esame di coscienza. Quanto vivo bene questa vita, con quell’amore che il Signore mi ha donato? Quanto quest’amore lo condivido con gli altri? Quanto so vivere per gli altri e non per me stesso? L’insegnamento di Gesù è stato questo, l’ha concretizzato nella sua vita qui, sulla terra, e invita ciascuno di noi a seguirlo. Noi non siamo cristiani per il numero di rosari che diciamo o il numero di messe a cui partecipiamo.
Noi siamo cristiani per i gesti d’amore che facciamo, che ci portano poi a vivere la nostra fede in lui, a celebrarlo, a pregarlo. Ma questo non è possibile senza condividere quell’amore. Chiediamo allora questa sera al Signore di riempire il nostro cuore per condividere quest’amore con i nostri fratelli. Amen.