Come il Padre mi ha mandato, io mando voi
Siamo arrivati alla festa di Pentecoste, cinquanta giorni dopo Pasqua. Pentecoste è la festa che chiude il tempo di Pasqua, cinquanta giorni in cui abbiamo ricordato la Risurrezione del Signore.
La settimana scorsa abbiamo celebrato l’Ascensione. E adesso celebriamo il dono dello Spirito santo, questo dono che Il Signore ci lascia per continuare la sua opera. Ci aveva promesso di non lasciarci soli ed ecco scende lo Spirito. Gli Atti degli apostoli, nella prima lettura, ci dicono cosa succede. Erano tutti rinchiusi nella sala, quando arrivano queste fiamme dello Spirito santo con un gran rumore, un rumore così forte che la gente viene a vedere quello che sta succedendo. E gli apostoli ne escono come inebrianti – lo dice la Scrittura: come inebrianti! E ognuno può capire quello che gli viene detto, nella sua lingua. Dio parla a tutti.
E quell’ episodio è chiaramente il contrario della Torre di Babele, dove l’uomo costruisce una torre per arrivare a Dio, lo fa con la sua forza, per arrivare a Dio, ma poi si conclude che tutto crolla. Vanno via gli uomini, ciascuno parla una lingua diversa è non si capiscono più. Qual è l’errore dell’uomo da sempre, da Adamo ed Eva in poi? Il volere fare tutto da solo, pensando di dover mettere Dio da parte. E questo è quello che continuamente ci viene detto.
Quello che ci è successo in queste settimane e mesi ci ha fatto capire però che l’uomo non è onnipotente. La scienza non risponde a tutto perché non può. E a un certo momento ci siamo sentiti completamente senza forze, davanti a questo nemico invisibile che ci attaccava e non sapevamo come difenderci. Tutte le nostre certezze sono crollate. Pensavamo di essere forti e ci siamo ritrovati deboli.
Attenti: il mio discorso non è contro la scienza. Sapete che fede e ragione vanno insieme. Ma nella nostra vita non possiamo separarci da Dio, perché o cadiamo nell’angoscia e nella paura, o sappiamo di essere amati.
Nel Vangelo, l’episodio della Pentecoste è raccontato in modo un po’ diverso: lì, nello stesso giorno della Pasqua, viene dato lo Spirito. Gesù appare in quella stanza in cui gli apostoli paurosi, timorosi, si sono rinchiusi. L’uomo ha paura di quello che non conosce, in particolare della morte. Era successo il venerdì santo, avevano visto soffrire il loro Maestro, il loro Messia. E avevano paura per loro stessi. E il Signore entra lì dentro, a porte chiuse, lui entra! “Pace a voi”: Le prime parole del Signore sono dare pace: calmare quell’ansia dell’uomo che ha paura.
Il Signore soffia su di loro. E dice: “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. Quell’immagine lì può essere l’immagine della nostra chiesa, può essere l’immagine della nostra comunità parrocchiale, può essere l’immagine dei nostri gruppi. Lo so, direte, don Stefano, ci ripeti sempre la stessa cosa! È vero, ma lo ripeto perché non vedo cambiamenti, perché non vedo conversione! Vedo sempre chiusure nei nostri gruppi, nella nostra comunità. Vedo sempre paura, vedo sempre muri, vedo sempre chiusure. Il Signore apre le porte e ci manda a evangelizzare, ci manda a testimoniare. Tante volte è come se quella gioia che penso di provare per il Signore me la dovessi tenere per me stesso! Allora mi chiedo: ma noi crediamo? Perché se noi crediamo, abbiamo voglia di dirlo agli altri! Abbiamo voglia che gli altri conoscano questo uomo che è morto per noi, che ha dato la vita, che è Figlio di Dio, che mi ha annunciato il senso della vita. Come faccio a tenere questo per me? Come faccio a non raccontarlo, a non volere che l’altro che ho davanti a me non possa conoscere la fonte della vita?
Proprio per questo è bello oggi poter avere il Battesimo di Giorgio! Perché siamo all’inizio della Chiesa. Noi oggi festeggiamo l’inizio della Chiesa! Perché la Chiesa non può esistere chiusa dentro! È una Chiesa che si apre, una Chiesa che è andata ovunque! Una Chiesa che è morta per il suo messaggio! Quanti uomini e donne hanno dato la vita per questo messaggio! E come possiamo guardarci in uno specchio e dire: no, le dieci è troppo presto per andare a messa! No, io non oso dire in cosa credo. C’è gente che ha dato la vita per questa fede che noi oggi proclamiamo. I primi martiri romani, senza di loro, senza quella semenza, dove sarebbe il cristianesimo a Roma dopo la persecuzione? In tanti paesi del mondo ancora oggi i cristiani danno la vita! Pensiamo alla nostra chiesa sorella, quella del Pakistan, la diocesi di Karachi che è legata a noi attraverso il suo cardinale! Pensiamo a tutti gli uomini e donne che danno la vita per questo messaggio!
Allora Giorgio oggi è la nostra speranza. Giorgio è segno di questa vita che cresce in Cristo! Perché è quello che faremo oggi. Voi sapete che cosa rappresenta, là in fondo, il fonte battesimale: è la tomba di Cristo, è luogo di morte e di rinascita. Giorgio muore al peccato per rinasce alla vita nuova. Una vita diversa, in cui l’egoismo viene messo da parte. In cui io non vivo più per me stesso, ma vivo per Cristo.
Certo, sappiamo purtroppo che la nostra veste bianca, la stessa veste che Giorgio porterà tra poco, tante volte sarà macchiata, come è stata macchiata la nostra, dal nostro peccato, dal nostro egoismo. La fiamma, che sarà accesa al cero pasquale, segno della nostra fede, tante volte brucerà di meno, quasi si spegnerà; ma troverà sempre sul suo cammino qualcuno che soffierà per riaccendere quella brace che è ancora calda.
Ma chi è che soffierà se non noi cristiani, che siamo chiamati ad accompagnare questo bambino nella sua crescita? Non solo i suoi genitori, non solo i padrini, ma tutta la comunità.
La Chiesa non è tanti individui messi insieme in uno spazio. La Chiesa a una famiglia che cammina insieme. Una famiglia che si vuole bene, che rialza quello che è accanto e non riesca più a camminare. Questa è la Chiesa. Non tanti egoisti che si mettono insieme, che fanno le loro preghiere e non vedono il bisogno dell’altro: è una famiglia che ama l’altro e che l’aiuta a camminare.
Oggi la nostra comunità dà vita a una nuova vita: Giorgio. La nostra famiglia si allarga e camminerà con lui; perché è il suo dovere, perché è il suo senso, il suo amore, come un padre o una madre per il suo figlio, ce l’ha sempre dentro, perché la sua fede obbliga a questo. È questo che dobbiamo sentire. Allora accompagniamo adesso Giorgio con la nostra preghiera.