Mandati a due a due
Oggi ci ritroviamo davanti alla chiamata dei dodici. Una chiamata che, evidentemente, è anche la chiamata dei fedeli, di ciascuno di noi, di ogni discepolo.
E vorrei proprio iniziare con voi a guardare, parola per parola, questa prima frase che apre il Vangelo di oggi: “Gesù chiamò a sé i dodici”. La nostra fede è una chiamata, è una vocazione. Ciascuno di noi è stato chiamato a seguire il Signore. In un certo senso non l’abbiamo scelto. Molti di noi sono stati battezzati, come questi bambini, da piccoli; qualcuno l’ha fatto da grande, ma sempre attraverso un incontro con un altro che gli ha parlato della fede. Tutti noi quindi siamo cristiani per chiamata, per vocazione. È un po’ cime la vita: ciascuno di noi ha un ombelico che ci ricorda che non ci siamo dati la vita da soli: è sempre un dono la vita. Così come è un dono la fede che abbiamo ricevuto.
“Gesù chiamò a sé i dodici e prese a mandarli a due a due”. Non solo siamo stati chiamati, non solo siamo stati scelti, ma siamo anche mandati. La fede non è qualcosa di immobile, l’abbiamo detto tante vote; la fede non è qualcosa di chiuso nelle nostre case, nelle nostre sagrestie, nelle nostre chiese: la fede è qualcosa che viene condiviso. Ciascuno di noi è mandato: significa che non sto andando da solo, che non mi sto mandando da solo, non mi sto mandando da me: qualcuno mi ha mandato. Cristo ci spinge a uscire! E non ci spinge a uscire soli, viene detto: “a due a due”. La fede non è qualcosa che vivo da solo, la fede è comunione, è una comunità, è la Chiesa. Oggi attraverso il Battesimo questi bambini entrano a far parte della Chiesa. È una seconda nascita, una nascita dentro una comunità, dentro una famiglia. La Chiesa è la grande famiglia di Dio. Ecco perché ci chiamiamo tra di noi: fratelli.
Vedete, già dall’inizio Gesù manda a due a due. Non c’è il turno di servizio, come tante volte vediamo da qualche parte; non c’è leader, ma c’è la Chiesa, c’è il noi, c’è il camminare insieme. E sappiamo come questo sia difficile: non è facile stare con persone che non abbiamo scelto, non è facile camminare e certe volte dover rallentare per aspettare i più deboli; o accelerare, se vediamo che si va spediti. Non è sempre facile accontentare l’altro, seguirlo, stargli vicino ogni momento. Ma questa è la vita della Chiesa. Questa è la vita di ogni famiglia. Questa potrebbe essere la nostra vita di fede. È in questa vita che questi bambini vengono immersi. Il Battesimo vuol dire immersione. Vengono immersi nella vita di Dio, una vita che si vive in comunità. “Li mandò a due a due”. “E dava loro potere sopra gli spiriti impuri”.
La vita cristiana è una vita con un orizzonte ben preciso, che è l’esempio di Cristo. Non è una vita in cui non so dove andare, dove non ho un orizzonte, dove non c’è una direzione. Cristo, attraverso le sue parole, attraverso la sua vita, ci ha dato una direzione. E questi genitori, questi padrini, oggi, davanti a noi diranno che vogliono seguire questo orizzonte, vogliono seguire questa direzione; e vogliono aiutare questi bambini nella vita di Cristo in cui sono immersi.
E questa vita, questo orizzonte che cos’è, se non l’amore? Un amore donato! Ecco perché abbiamo il crocifisso nelle chiese, non perché ci piace vedere un uomo torturato, ma perché è il simbolo dell’amore donato. Un amore donato a noi. E questi bambini dovranno essere educati a questo amore: un amore donato all’altro; non un amore egoista, in cui prendo le cose di cui ho bisogno dall’altro, ma un amore in cui penso prima di tutto all’altro , non a me stesso. Non a me stesso!
Questo è quello che Cristo ci ha insegnato non solo con le parole, ma con l’esempio di vita. Questo è quello che noi siamo chiamati a testimoniare, non con le parole, ma con l’esempio della vita. Una vita vissuta ogni giorno, ogni momento, una scelta da fare; un campo da scegliere, un orizzonte da scegliere. Una direzione da scegliere.
Perché, vedete, in questo non siamo totalmente liberi. Gesù dice ai discepoli: “Non prendere per il viaggio né pane, né sacca, né denaro”. Lo dice perché più abbiamo cose, più siamo schiavi di quelle cose. Lo vediamo nel nostro piccolo, anche solo nel gestire questo luogo, questa parrocchia; certe volte ne siamo schiavi, tutto pesa! Abbiamo bisogno di libertà per poter testimoniare la vita di Cristo . Non possiamo essere schiavi delle cose. Ed è la libertà che dobbiamo testimoniare.
“E dice loro: Dovunque entriate in una casa, rimanetevi, finché non sarete partiti di lì》”. Il rimanere, il sostare, l’abitare. Il cristiano deve saper dimorare, deve saper vivere là dove è stato mandato. Penso a questo quartiere: ha bisogno della testimonianza dei cristiani. Penso alle vostre abitazioni, ai vostri palazzi: hanno bisogno della vostra testimonianza di fede, di amore. I vostri vicini vi devono guardare pensando: che bello essere cristiani! E sappiamo quanto tante volte questo non accade, quanto troppe vote non siamo testimoni di questa fede, quanto è difficile per noi testimoniarla come Cristo ci ha insegnato.
E poi Cristo dice ai suoi discepoli: “Se non vi ascoltassero, se non vi accogliessero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro”. La fede non si impone, la fede si propone, sempre! È un Dio di libertà il Dio dei cristiani. È un Dio che ti lascia libero di scegliere se seguirlo o meno. Non è un Dio che impone. Anche nell’educazione dei figli non è facile. Non è una imposizione la fede, ma una proposta di vita. Ed è con gli esempi, con il modo di vivere, con la direzione scelta; con le scelte fatte, ogni volta, di dire di sì al Signore: che posso fare per trasmettere la mia fede?
Allora oggi accogliamo questi nostri due fratelli, accogliamo questi nuovi figli di Dio. Accogliere significa renderci conto della nostra incoerenza, tante volte, delle nostre difficoltà e nello stesso tempo della bellezza di un cammino, della bellezza di saper dove andare, della bellezza di sapere amare ed essere amati. Nell’accoglienza di questi bambini è anche l’accoglienza della nostra piccola e fragile fede. Questi bambini sono per noi la fede che abbiamo ricevuto. La loro fragilità, il dover crescere è esattamente quello che ancora è la nostra fede, che ha bisogno di essere accolta e cresciuta. Attraverso di loro rivediamo noi. Attraverso l’abbraccio della mamma e del papà, rivediamo il bisogno dell’abbraccio del Padre, che è Madre, anche, nei suoi sentimenti, che è Dio.
Allora, oggi vogliamo pregare per questi bambini, vogliamo pregare per i loro genitori e per i loro padrini, vogliamo pregare per ciascuno di noi. Chiediamo di essere coerenti, coerenti amici di Dio. Coerenti nella nostra vita, come testimoni di fede in Cristo. Amen