Non è qui nel buio del sepolcro, è risorto! È lui la nostra luce
Come ormai è tradizione chiedo ai bambini di venire qui, ai bambini che sono ancora svegli: mettetevi qui seduti.
Eccoci radunati! Come ripeto ogni anno, noi siamo qui radunati come una grande famiglia che attorno al fuoco si raduna e ascolta una storia, la sua storia, che fa memoria. Noi raccontiamo la storia della nostra salvezza, noi facciamo memoria di cos’è che ci chiama ad essere qui. Perché tante volte ci potremmo dimenticare il senso della nostra vita: il senso di essere cristiani, il senso di perché siamo qui. Tante volte ci possiamo chiudere nel nostro dolore, nelle sofferenze che esistono nella nostra vita. Qualcuno di voi porta un colore immenso. Qualcuno qui adesso sta soffrendo nell’anima o nel corpo. Qualcuno non sa di cosa sarà fatto il suo futuro: una cosa che del resto vale per quasi tutti noi, ma qualcuno può vederlo in maniera molto negativa, a causa di problemi sempre più gravi.
Basta accendere la televisione per renderci conto del mondo in cui viviamo, della sofferenza, del dolore che abbiamo intorno a noi. Abbiamo ascoltato ieri le parole della nostra amica che ci ha raccontato come è fuggita da Kiev. Abbiamo visto i piedi di tanti nostri fratelli, il giorno del giovedì santo, fratelli che erano fuggiti da quella guerra. Abbiamo toccato con mano la sofferenza di quei bambini, nel nostro oratorio pasquale, che sono venuti accanto ai nostri, scordandosi per un attimo il dolore che avevano dentro. Tutto questo noi lo viviamo. E allora potremmo essere come quelle donne che si chiedevano: “Ma che senso ha rutto questo?”, quando vedono quella pietra rotolata, e dentro solo i teli. E la risposta che ci è donata la danno gli angeli, che dicono: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto!”.
Nella nostra vita rischiamo di chiuderci nel nostro sepolcro, un sepolcro fatto di buio, fatto di paura, fatto di limiti! E noi ci richiudiamo lì dentro, forse perché è l’unico luogo che conosciamo! Forse perché ci dà sicurezza il sepolcro, chiuso, lì, piccolo. Certe volte gli altri ci fanno paura e allora chiudiamo la porta del cuore, come chiudiamo la pietra del sepolcro, mettiamo un muro tra noi e gli altri.
Certe volte è il dolore, la sofferenza che fa sì che ci chiudiamo: perché abbiamo freddo, perché il cuore diventa di pietra; perché abbiamo troppo sofferto, perché forse gli altri ci hanno fatto troppo soffrire, e abbiamo perso fiducia negli altri. O nell’uomo: abbiamo visto cosa significa un uomo che ti fa male. E allora ci rinchiudiamo in quel nostro dolore, in quella nostra sofferenza; ci chiudiamo in quel sepolcro e perdiamo anche la voce della speranza che dovrebbe abitare il nostro cuore. Ecco perché gli angeli chiedono: “Perché cercate qui? Non è qui, è risorto!”. Ed è lì che cambia tutto! È lì che la storia del mondo cambia. È lì che cambia la nostra vita!
Questa nuova vita che questi genitori hanno scelto per il loro bambino. Quella nuova vita che i nostri genitori hanno scelto per ciascuno di noi, che siamo qui questa sera. La morte che sembra la fine di tutto; la morte che dovrebbe essere chiusura di tutto quello che può essere, la morte che dovrebbe portarci al nulla, è stata vinta da Cristo.
Sotto la croce, ricordate, c’era poca gente. Gli apostoli erano scappati, perché non avevano capito quello che stava succedendo, sembrava che tutto stesse crollando. Queste donne che cosa avevano capito? Vanno lì, al sepolcro: “Non è qui, è risorto!”.
Tante volte anche noi, il nostro cristianesimo, il nostro modo di vivere la fede è spento, come poteva essere spento l’animo di queste donne che andavano al sepolcro pensando che tutto era finito. Ma se avete ascoltato le letture, se avete ascoltato le preghiere che venivano dopo, avete in mente come cercavano di spiegare che tutto ha un senso nuovo con Cristo risorto.
La nostra vocazione, la nostra chiamata è essere risorti con Cristo. Siamo uomini e donne diverse. Lo dobbiamo testimoniare. Domani lo vedremo nel Vangelo, che ci chiamerà alla testimonianza. Oggi troviamo il sepolcro vuoto. Questa notte ci rendiamo conto che è successo qualcosa. È successo duemila anni fa, ma è successo tuttora nella nostra vita: perché ogni giorno ci dovremmo ricordare che siamo chiamati a risorgere. Ci dovremmo ricordare che siamo morti al peccato, come accadrà a questi bambini entrando nel fonte battesimale per risorgere con Cristo.
Vita nuova. Quella luce che accendiamo al cero pasquale, simbolo di Cristo, è quella luce che ciascuno di noi dovrebbe portare nella nostra vita, quella novità che Cristo ci ha portato: nel buio della notte una sola piccola fiamma cambia! Fate la prova: spegnete tutto a casa e accendete una sola candela e vedrete che si vede tutto. Un po’ di amore donato agli altri porta più felicità di quella che noi crediamo con i soldi di ottenere. Cristo ci ha insegnato che il senso della nostra vita è amare. Cristo ci ha insegnato che per amare dobbiamo renderci conto che siamo stati amati, che siamo figli di Dio. L’unica preghiera che lui ci ha insegnato è il Padre nostro, che noi oggi diremo a nome di questi bambini e che essi un giorno diranno inerme a noi.
Quello che insegniamo nella nostra vita è semplicemente dire che il sepolcro è vuoto; che una speranza c’è sempre perché è in Cristo; che la luce c’è; che l’amore c’è e che noi l’abbiamo incontrato in Cristo e che in lui viviamo!
È questo che oggi riscopriremo, con il Battesimo di questi bambini: la veglia di Pasqua, questa notte di Pasqua, è tutta incentrata sul nostro Battesimo: ce lo ricorda, perché deve riguardare la nostra vocazione, la nostra chiamata bella, grande, nobile, meravigliosa chiamata che è l’essere cristiani.
L’essere cristiani, per combattere il buio. Noi non combattiamo nessuno, combattiamo il male, il buio; le paure. Siamo portatori di Cristo, che dovrebbe sempre illuminante la nostra vita. Le candele accese ce lo ricordano sempre. Ognuno di noi, in questo mondo, che è così buio, dovrebbe essere quella luce cristiana. In questo mondo che ha bisogno tanto di amore, dovremmo essere noi quell’amore donato, dovremmo essere noi a a ricordarlo sempre. Per poter essere quella luce, per poter essere quell’amore, dobbiamo accogliere Cristo; dobbiamo stringerci insieme, dobbiamo vivere al di là di tutto quello che ci limita, al di là delle nostre paure. Entriamo nella libertà di Cristo, nella sua vita.
Allora, visto che abbiamo vissuto questo triduo con quella guerra lì, vorrei concludere con un autore vissuto nel ventesimo secolo, natio in Ucraina nel 1905 e morto a Mosca nel 1965: Vassilij Grossman. In “Vita e destino” scriveva questo, che mi sembra molto adatto a quello che stiamo vivendo in questi giorni e adatto a questa notte:
”In quest’epoca tremenda, un’epoca di follie commesse a gloria di Stati e nazioni o del bene universale, e in cui gli uomini non sembrano più uomini, ma fremono come rami d’albero e sono come la pietra che frana e trascina con sé le altre pietre riempiendo fosse e burroni, in quest’epoca di terrore e di follia insensata, la bontà spicciola, granello radioattivo sbriciolato nella vita, non è scomparsa”.
Non è scomparsa perché Cristo è risorto. È veramente risorto. Amen