L’Incarnazione del Signore dentro di noi
Eccoci arrivati a poche ore dalla grande festa che abbiamo preparato in queste settimane di Avvento, cioè alla grande festa del Natale. Abbiamo acceso la quarta candela che ci ritrova radunati qui.
E voi bambini siete coraggiosi a venire stamattina a messa, dato che probabilmente tornerete a mezzanotte.
È bello iniziare questa nostra celebrazione con la prima lettura, che è dal libro di Samuele. Ci racconta di Davide, che sta in una casa bellissima fatta di cedro, e dice: ”Come posso lasciare l’Arca del Signore in una tenda, così?”. Allora va da Natan e dice: “Ho pensato di costruire una casa per il Signore”. Nathan gli dice: “Certo, maestà, fa subito quello che devi fare secondo il tuo cuore“. Ma nella notte Natan sogna il Signore che gli parla. E il Signore dice a Natan: “Va da Davide e riferisci. Così dice il Signore: forse tu mi costruirai una casa? sono io che ti ho preso dal pascolo, sono io che ti ho messo a capo di Israele mio popolo, sono io che ho creato il mondo! Sono io che ti costruirò una casa!“.
Tante volte noi siamo come Davide: pensiamo di avere tutto in mano, pensiamo di dover far tutto; e, attenzione, pensiamo anche di rinchiudere il nostro Dio nelle nostre idee, nel nostro modo di pensare. E allora lo rinchiudiamo in una scatoletta, perché è più facile! È meno problematico un Dio che posso stabilire in un confine ben preciso.
Ma ecco, questa notte celebreremo un Dio onnipotente che si fa fragile, che si fa piccolo, che si fa debole. E che non nasce in un palazzo, ma in una grotta, non nasce in un tempio, ma in una grotta!
L’annuncio che abbiamo letto nel Vangelo, l’annuncio a Maria, non si fa in un tempio, ma in una casa in periferia; potrebbe essere fatto qui, a Torre spaccata. Perché dico questo? Perché l’annuncio è fatto a ciascuno di noi, Dio viene in ciascuna delle nostre case, in ciascuna delle nostre vite, in ciascuno dei nostri cuori. Dio vuole parlare a te, alla tua vita! Dio vuole incarnarsi in te! Ognuno di noi, come Maria, è chiamato a partorire Gesù nella sua vita, cioè a concretizzarlo nella vita di tutti i giorni. Se non è così, se non c’è questo desiderio, saremmo qui per il ventesimo, quarantesimo, cinquantesimo, ottantesimo, novantesimo anno a festeggiare il Natale, ma che senso ha?
Se è solo una festa così, se non è un desiderio, che senso ha?
Vi ricordate la parola che abbiamo usato all’inizio dell’Avvento? Abbiamo detto che questa attesa deve essere piena di desiderio! Non è una festa che per abitudine ripeto passivamente da anni, ma è una festa piena di speranza, è una festa viva!
Se io non vivo con questo desiderio di incarnare Cristo, di incarnarlo nella mia vita, dove trovo la felicità? È questa la bellezza: questo amore per lui, che vuole incarnarsi in me! E, attraverso di me, attraverso queste mani, questa bocca, questi occhi diventa amo re per gli altri! Questa è l’Incarnazione. E a questo siamo chiamati; ognuno di noi!
Ma per questo, l’abbiamo ripetuto in questo tempo di Avvento, ci vuole umiltà! Davide non ce l’aveva! Pensava di voler costruire un palazzo, un tempio per Dio. Voleva farsi grande di fronte a lui. E noi siamo così. Invece Dio è esempio di umiltà. E l’Incarnazione avviene in noi solo se abbiamo l’umiltà di riconoscerlo, di riconoscere Dio onnipotente nella povera mangiatoia.
Dunque, mancano poche ore: prepariamoci con questo desiderio di accoglierlo, di portarlo, di partorirlo nella nostra vita. Abbiamo poche ore ancora per renderci conto che solo lui deve essere al centro della nostra vita. Amen