Vide e credette
“Di fatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti”. È così che si conclude il Vangelo di Pasqua di San Giovanni. E credo che ognuno di noi potrebbe dire la stessa cosa.
Abbiamo compreso pienamente l’annuncio di questi discepoli? Noi sappiamo che, dopo questo momento, ci vorranno ancora diversi passaggi: Tommaso dovrà toccare le ferite; discepoli dovranno mangiare con Gesù lì sulla riva; insomma, i discepoli dovranno poi aspettare la discesa dello Spirito Santo, la Pentecoste, per trovare la forza di poter andare ad annunciare quella buona notizia, la buona novella.
Se è stato così difficile per loro, forse lo è anche per noi. Forse ancora non abbiamo ben chiaro cosa voglia dire quello che abbiamo celebrato questa notte. Forse ancora non abbiamo ben chiaro quel momento in cui dal buio si è passati al giorno, quando quelle don vanno al sepolcro e lo scoprono vuoto, quando quei due discepoli corrono e vanno lì.
Si dice che Pietro osserva e che Giovanni, il discepolo amato, “vide è credette”.
Anche noi abbiamo bisogno di vedere. Ma se riprendiamo la nostra vita, se guardiamo bene questa nostra vita con gli occhi della fede, ci renderemo conto che il Signore è stato presente. Non il Signore morto, non il Signore nel sepolcro, ma un Signore vivo, ben presente nella nostra vita. È questo che dobbiamo scoprire, nella vita nostra è in quella degli altri: che Cristo agisce, che Cristo ama. La settimana santa ci ha fatto scoprire quanto eravamo amati da lui.
E la Resurrezione, che arriva alla fine, ci ricorda che niente, niente nella nostra vita può avere la parola fine. C’è sempre qualcosa che può essere rinnovato, che può rinascere, che può essere ricreato. È questa la fede in Gesù. È questo quello che noi crediamo: la morte, che sembrava la fine di tutto, che sembra per molte persone la fine di tutto, in Gesù Cristo è solo un passaggio, una pasqua.
E, se questo vale per la morale, vale anche per tante altre cose della nostra vita. È terribile vedere come nella nostra società, nel nostro mondo, ci sia poca speranza. Voi sapete che c’è un aumento anche del suicidio: significa proprio che queste persone non vedono una via d’uscita! Invece noi cristiani dobbiamo avere nel più profondo del nostro cuore, malgrado le difficoltà che alcuni di noi possono vivere, quella pace e quella certezza simile a quando il mare, se c’è una tempesta, è molto agitato sulla superficie, ma solo sulla superficie, perché in profondità è tutto tranquillo. Così è la nostra vita: ci possono essere momenti di tempesta, di difficoltà, di sofferenza anche morale, ma se, nel più profondo, abbiamo la fiducia in Dio, la fiducia nella Resurrezione, se abbiamo quella fede lì, allora c’è la via d’uscita: sappiamo che lì ci aspetta qualcosa di grande. Quante persone, quante testimonianze ho visto di gente che, pur vivendo situazioni che sembravano incredibilmente brutte, avevano una pace interiore straordinaria, perché credevano in Cristo risorto.
È una Resurrezione fattiva, come l’amore. L’amore non è fatto solo di parole, l’amore si deve vedere: nei nostri gesti, nel nostro sguardo, certo, anche nelle nostre parole. L’amore è sempre fattivo, se no, è solo un’idea, e non vale! Il Signore ce l’ha insegnato morendo sulla croce. Così la Resurrezione, non è solo un’idea, non è una bella favoletta: è qualcosa di fattivo. Si dice in teologia che è metastorica: va al di là della storia, ma in essa permane. Noi sappiamo che cosa è successo sotto Ponzio Pilato. È stato qua! E questo noi dobbiamo scoprirlo nella nostra vita: Gesù è risorto anche per me, per te. Questo dobbiamo toccare con la nostra vita! Perché, finché non abbiamo questo, finche non abbiamo la fede, questo evento, che cambia la storia e che deve cambiare la mia vita, allora sì, potremo dire che siamo cristiani, ma manca questo passo, manca questo! È facile vedersi qua dicendo che siamo cristiani, ma il cristianesimo è credere a questo: che Cristo è risorto, che la morte è stata vinta! Che l’orizzonte, a quel punto, cambia! Non posso più vivere come prima! C’è qualcosa di diverso. Ed è questo che io devo toccare con mano.
Forse a qualcuno manca ancora la Pentecoste per vivere veramente questo momento. Ma vedete quello che ci è detto nella seconda lettura: “ Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta?”. Noi, credendo nella Resurrezione, siamo il lievito di questo mondo. Non c’è bisogno di tanto. Non ce n’è bisogno. Quando si fa una torta, occorre tanta farina e poco lievito. Non è che dobbiamo essere una massa, ma dobbiamo essere convinti. Questa è la cosa bella e importante, perché noi di questa pasta ne dobbiamo essere il lievito, ne dobbiamo essere il cuore. Perché se no, non siamo nulla, non valiamo niente. Possiamo andare in giro con i nostri crocifissi e le nostre bandiere, ma non ha nessun senso. Noi non siamo gente che segue un’ideologia, noi seguiamo un fatto: vide e credete! È questa la nostra fede. Non è un’idea, è un fatto! E noi ne dobbiamo essere convinti, non al dieci per cento, non al cinquanta per cento, non all’ottanta per centro: al centro per cento! Perché è come una relazione d’amore. Io non amo mia moglie o mio marito all’ottanta per centro! Io l’amo o la amo al centro per cento! Non può essere diverso. Se no, la coppia non funzionerà. Se no, ci sarà sempre qualcosa che non va, perché la fiducia o è piena o sapete benissimo che non va.
Cari amici, preghiamo perché il nostro cuore sia aperto, come quella pietra che è rotolata quella notte! Che la pietra che abbiamo davanti al cuore possa essere anche lei gettata fuori, che quel macigno che tante volte pesa sulla nostra vita possa essere spostato, perché Cristo possa agire nella vita di ciascuno di noi. Cristo è risorto!
È veramente risorto! Alleluia.