Tu sei figlio mio, l’amato
Ieri ci siamo visti con alcune coppie che fanno il “ percorso Ararat”e una di queste mi ha preso in giro dicendo che era tutto pronto per il Natale dell’anno prossimo, non sapendo che il tempo di Natale si conclude oggi, e quindi ancora oggi abbiamo cantato i canti di Natale; e tutto sembra come se oggi fosse il giorno di Natale. Da domani torneremo al colore verde, torneremo al tempo ordinario, torneremo a vivere la nostra vita di fede non più nello straordinario del Natale, ma nell’ordinarietà della nostra fede.
Oggi, dicevo, si conclude il tempo di Natale: con una festa particolare che è la festa del Battesimo di Gesù. Siamo passati da zero a trent’anni, perché oggi Gesù inizia anche la sua vita pastorale. Ha aspettato trent’anni di nascondimento, e con oggi si è rivelato: inizia la sua vita pastorale.
La settimana scorsa, cioè lunedì, abbiamo festeggiato l’Epifania, che è la manifestazione di Dio.
Me nella festa che stiamo celebrando Gesù si manifesta di nuovo, il cielo si apre e la voce di Dio, con lo Spirito Santo in forma di colomba, risuona per tutti noi e dice: “ Tu sei il Figlio mio, l’amato, in te hoposto il mio compiacimento “.
Tu sei il Figlio mio, l’amato. Questa frase, ce la dobbiamo mettere bene qua nel nostro cervello, nel nostro cuore. È importante questa frase, è fondamentale nella vita nostra, nella nostra vita di fede, nel nostro cammino.
Questa frase l’ha sentita questa ragazza che oggi chiede il Battesimo e che abbiamo accolto oggi come catecumena; e questa frase l’abbiamo sentita il giorno del nostro Battesimo, una frase davvero fondamentale per ognuno di noi e per la nostra vita. Tu sei figlio mio l’amato e io mi compiaccio di te, io ti voglio bene, io ti amo per quello che sei, anche per i tuoi limiti, per le difficoltà. Tu sei l’amato, tu sei figlio mio, sei figlia mia.
Guardate che finché noi non avremo capito questo nella nostra vita, non saremo veri cristiani. Da lì parte tutto, nient’altro vale. Nient’altro vale nella nostra vita se non abbiamo nella mente e nel cuore questa frase: tu sei figlio mio, l’amato.
Ognuno di noi, lo sappiamo, ricerca l’amore; ognuno di noi vuole essere amato e capire che lo siamo già! Dal nostro Battesimo quest’amore ci è stato donato.
Quest’amore noi poi lo dobbiamo concretizzare nella nostra vita perché, e noi lo sappiamo, l’amore non è un sentimento, l’amore è fattivo, l’amore ha bisogno di gesti, ha bisogno di essere concretizzato. A una moglie o a un marito non basta dire “ti amo” ti amo”, se poi nei gesti, nel modo di essere, nel pensiero dell’altro, nell’attenzione, l’amore non esiste, non c’è. L’amore si deve concretizzare! E questo vale anche per noi cristiani: come possiamo dire di essere cristiani se poi non concretizziamo con i gesti quello che diciamo? Come facciamo a dire che apparteniamo a lui, se poi ce ne dimentichiamo nella vita di tutti i giorni, nella società, nel nostro lavoro, nella nostra famiglia, nelle nostre scelte? Come possiamo pensare di essere cristiani se poi questo non cambia la nostra vita, noi giovani, noi professionisti, noi anziani? Tutti! Se noi siamo qui radunati, se diciamo di essere cristiani dovremmo nella nostra vita in ogni momento cercare di concretizzare quello che noi diciamo a parole! E quante parole diciamo, quante ne diciamo di parole! Ma come si concretizzano poi realmente nella nostra vita?
Abbiamo festeggiato Natale, ancora adesso abbiamo Gesù qui, l’abbiamo rappresentato con questa statuina qui davanti: per quale motivo noi cristiani facciamo tutto questo? Andiamo pure a baciarlo questo bambino, ma perché? Perché lui ha voluto nascere uomo, ha preso carne. Abbiamo celebrato tante volte in questi giorni l’Incarnazione di Dio, Dio si è fatto un uomo! E noi come incarniamo la nostra fede? Questa è la domanda che ci rimane: come incarniamo la nostra fede? È questa la domanda che ci dobbiamo porre.
Quanta sofferenza in questo mondo perché Dio non viene ascoltato! Quanta sofferenza in questo mondo e in questa nostra società, perché i cristiani non incarnano quello che dicono di credere, quello che vorrebbero vivere!
Oggi abbiamo sentito Bentisa, che leggeva il testo della preghiera del battezzando e diceva: “Io sono stata illuminata da Cristo”. Lei è stata illuminata da Cristo. Cristo è luce per noi, è luce per il nostro cammino, lo è realmente.
È bella questa accoglienza oggi perché fa riflettere noi che siamo stati battezzati bambini, fa riflettere sulla scelta che hanno fatto i nostri genitori per noi; e, se noi siamo qui, è perché abbiamo confermato la scelta dei nostri genitori, abbiamo accettato questo gesto che è stato fatto, abbiamo accettato questa grazia che abbiamo ricevuto. Abbiamo accettato questo sacramento nella nostra vita, se siamo qui.
Fra poco noi diremo insieme il Credo e ancora una volta noi affermeremo quello in cui crediamo: ma lo faremo solo con la lingua o la vivremo, questa professione do fede?
Io lo so che non è facile, lo vedo sulla mia pelle. Non vivo sempre da cristiano.
Vivere da cristiano, non lo sappiamo bene, non è facile. È un cammino in salita, ma non è impossibile. I santi sono qui per ricordarcelo; e in questi mesi avremo la fortuna, la bellezza, la grazia di avere due nuovi giovani santi: Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati, uno verrà canonizzato nel Giubileo degli adolescenti e l’altro dei giovani. Quindi è possibile seguire Cristo! È possibile amare come Cristo ha amato, sì, è possibile! Con la grazia del Signore possiamo fare cose grandi, lo sappiamo, e i santi ce lo ricordano!
E questo deve essere bello per noi e anche per i nostri giovani, per i nostri ragazzi. Non c’è età per diventare santo, ma è questo l’obiettivo della nostra vita. Lo diciamo sempre il primo novembre, alla festa di Tutti i santi, quando ogni anno chiediamo: chi è chiamato a diventare santo? Dovremmo avere tutti le mani alzate, perché questa è la nostra chiamata.
A questo è chiamata questa ragazza che oggi chiede il Battesimo. Ed è questa la nostra vocazione, di ognuno di noi. Ricordandoci che i primi cristiani venivano chiamati i santi. È la Santità l’obiettivo della nostra vita.
Noi abbiamo il desiderio dentro di essere quel figlio che il Signore vuole in noi, quel progetto che Dio ha su ciascuno di noi! Noi lo vogliamo concretizzare. Noi veniamo qui ad ascoltare la parola e a celebrarla perché noi crediamo in lui e lo vogliamo vivere. Vogliamo vivere sotto la sua grazia e sotto la sua luce. Vogliamo che tutta la nostra vita sia illuminata da lui. Vogliamo donarci. Qui vogliamo riprendere forza per andare fuori e portare Cristo.
Noi siamo chiamati a essere testimoni di Cristo! E per questo, quando usciamo da questa chiesa, dobbiamo essere diversi da come siamo entrati. Perché abbiamo Cristo con noi!
Non è più possibile avere una comunità chiusa.
Non è più possibile avere una comunità che non crede. Perché non è credere se esco e non vivo da cristiano. È questo di cui abbiamo bisogno.
Noi ringraziamo questa ragazza perché ci ricorda tutto questo. Ci ricorda la nostra chiamata. Ci ricorda la gioia che dovremmo avere dentro. Ci ricorda l’amore che abbiamo ricevuto e che dovremmo anche noi vivere! È questo che questa ragazza con la sua domanda ci ricorda. Ma noi questo coraggio ce l’abbiamo ancora di chiedere tutte queste grazie?
Noi questo coraggio ce l’abbiamo ancora di chiedere al Signore di essere veri testimoni? O viviamo e ci lasciamo vivere così? O crediamo che tutto sia solo abitudine e tradizione?
O crediamo che solo stando qua basta per essere un bravo cristiano? No, non basta. No, non basta!
E se il nostro quartiere sta così, è perché noi, noi non abbiamo fatto abbastanza. Certo, c’è la colpa dell’amministrazione, presente passata; e tutto il resto. Ma noi cosa abbiamo fatto? Noi cosa stiamo facendo? Quante chiamate abbiamo ricevuto quando c’era un uomo che era fuori a dormire, (che aveva problemi di testa)? Chiamavano per chiedere cosa faceva la parrocchia: ma tu cosa stai facendo? Perché deve essere la parrocchia? Ma tu chi sei? Non sei un cristiano? Non deve essere anche tuo il dovere è di stare attento a quella persona? Perché aspetti sempre altri, quando sei tu che dovresti fare qualcosa? E questo vale per tutto.
Dopo i nostri combattimenti per il parto di Centocelle, per migliorare questo quartiere, cosa facciamo? Cosa facciamo per la povertà che c’è ovunque? Tutto ricade anche su noi. Non basta guardare l’altro.
Questo è essere cristiano. Questa è la festa dell’Incarnazione. Il tempo di Natale si sta concludendo, ma Cristo rimane qua, in mezzo a noi e continua a incarnarsi attraverso di noi ogni volta che facciamo la comunione. Non è che prendiamo, e l’abbiamo detto tante volte, un corpo morto. Gesù non è morto. Gesù è risorto e vive attraverso di noi e chiede a noi di vivere questa missione.
Io vorrei che, uscendo da qui, noi avessimo ancora più voglia di servire. Invece di richiuderci su noi stessi, apriamoci; apriamoci all’amore di Dio, ricordandoci queste parole meravigliose che abbiamo sentito questa mattina: “ Tu sei il mio figlio, l’ amato”.
È questo che dobbiamo ricordare, perché ricordandoci che siamo figli e che questo Padre ci ama, allora forse sapremo anche vivere questa amore con gli altri.
Accompagniamo dunque anche chi vuole conoscere ancora di più questo amore in mezzo a noi. Amen